Quintiliano 2

Da Mizar.

Giacché non solo le mani, ma anche i cenni esprimono la nostra volontà: in ques segni consiste il linguaggio dei mutoli, e la danza mimica spesso si intende senza testo e crea sta d'animo, e dal volto e dall'incedere si riconoscono i caraeri ; anche negli animali, che sono privi di parola, l'ira, la gioia e le feste che fanno si possono cogliere dagli occhi e da cer altri aeggiamen del corpo. [67] Né c'è da meravigliarsi, se tanta efficacia hanno sugli animi ques aeggiamen che pur si fondano su qualche movimento, quando si vede che la piura, opera silenziosa e immutabile, penetra negli affe più ripos, così da parer superare talvolta l'efficacia stessa della parola. Al contrario, se il gesre e l'aeggiamento del volto discordassero dalle parole e dicessimo allegramente cose tris e affermassimo alcunché facendo segni di diniego, verrebbe a mancare alle parole non solo l'autorità, ma anche il credito. Pure il decoro deriva dai ges e dalle movenze. [68] E perciò Demostene soleva prepararsi alle orazioni guardandosi in un grande specchio: a tal punto, sebbene esso riflea a sinistra le immagini di destra, era convinto di dover credere solo ai suoi occhi in quello che faceva. Molt o importante per un'arringa, come per il corpo stesso, è la t es t a, riguardo sia a quell'eleganza di cui ho parlato, sia pure alla forza espressiva. [69] È un segno di eleganza che la testa sia, in primo luogo, erea e in posizione naturale : infa, se è rivolta a terra, è indizio di vigliaccheria, se è supina, di arroganza, se è piegata lateralmente, di svenevolezza, se è tesa e rigida, di rozzezza di caraere. Inoltre si muova in armonia con l'azione stessa, così da accompagnarsi al gesre e da seguire il movimento delle mani e dei fianchi: [70] giacché lo sguardo si volge sempre nella direzione del gesto, tranne nel caso che occorrerà condannare, concedere o allontanare da noi, così che sembriamo a un tempo rifiutare col volto e respingere con la mano: "o dèi, tale peste stornate, non io certo degna mi smo di tale onore. Cert o la testa fa capire le cose in molssimi modi. [71] Infa, oltre ai movimen dire ad annuire, dire di no e confermare, ce ne sono che esprimono vergogna, dubbio, ammirazione e sdegno, no e comuni a tu. Gesre con essa sola, tuavia, è stato ritenuto sbagliato anche dai maestri di recitazione teatrale. Pure il suo accennare frequentemente è in qualche modo un difeo: tanto più è da pazzo furioso agitarla connuamente e farla ruotare scuotendo i capelli


66. Quippe non manus solum sed nutus eam declarant nostram voluntatem, et in mus pro sermone sunt, et saltao frequenter sine voce intellegitur atque adficit, et ex vultu ingressuque perspicitur habitus animorum, et animalium quoque sermone carenum ira, laea, adulao et oculis et quibusdam aliis corporis signis deprenditur. 67. Nec mirum si ista, quae tamen in aliquo posita sunt motu, tantum in animis valent, cum pictura, tacens opus et habitus semper eiusdem, sic in inmos penetret adfectus ut ipsam vim dicendi nonnumquam superare videatur. Contra si gestus ac vultus ab oraone dissenat, trisa dicamus hilares, adfirmemus aliqua renuentes, non auctoritas modo verbis sed eam fides desit. Decor quoque a gestu atque motu venit. 68. Ideoque Demosthenes grande quoddam intuens speculum componere aconem solebat: adeo, quamvis fulgor ille sinistras imagines reddat, suis demum oculis credidit quod efficeret. Praecipuum vero in acone sicut in corpore ipso caput est, cum ad illum de quo dixi decorem, tum eam ad significaonem. 69. Decoris illa sunt, ut sit primo rectum et secundum naturam: nam et deiecto humilitas et supino adrogana et in latus inclinato languor et praeduro ac rigente barbaria quaedam mens ostenditur. tum accipiat aptos ex ipsa acone motus, ut cum gestu concordet et manibus ac lateribus obsequatur: 70. aspectus enim semper eodem vertur quo gestus, exceps quae aut damnare aut concedere aut a nobis removere oportebit, ut idem illud vultu videamur aversari, manu repellere: "di talem averte pestem": "haud equidem tali me dignor honore." Significat vero plurimis modis. 71. Nam praeter adnuendi renuendi confirmandique motus sunt et verecundiae et dubitaonis et admiraonis et indignaonis no et communes omnibus. Solo tamen eo facere gestum scaenici quoque doctores viosum putaverunt. Eam frequens eius nutus non caret vio: adeo iactare id et comas excuentem rotare fanacum est.